La Scienza del Lavoro Interno
Su “Scienza” e “Lavoro interno” (potremmo anche dire “spirituale”, ma in questa sede preferiamo un termine più “vago”) si è già scritto molto, per lo più mettendo i termini in contrapposizione quando non in inconciliabile antagonismo. Vedremo invece come “scienza” è il termine più adatto per descrivere il Lavoro Interiore (di qualunque natura) e quali sono le particolarità che differenzia questa dalle altre scienze.
Una tappa fondamentale nella storia della Scienza (per alcuni la sua nascita) è l’introduzione, con Galileo Galilei, del “metodo scientifico”. Ogni proposizione “scientifica” per essere definita tale deve poter essere “comprovata praticamente”. Se ad esempio diciamo che un oggetto nei pressi del pianeta Terra cade con una accelerazione costante di 9,8 m/s2 e tale accelerazione è indipendente dalla massa possiamo lasciar cadere oggetti di varie masse da altezze diverse e calcolare l’accelerazione e verificare o confutare tale proposizione (ovviamente stiamo semplificando).
Per essere un po’ più specifici: la proposizione scientifica deve essere corredata da uno o più esperimenti. Un esperimento è composto da:
- la definizione dell’ambiente; le condizioni entro le quali l’esperimento è valido, ad esempio assenza di attriti
- i passi da seguire;
- gli strumenti di misura da utilizzare;
- le misure da effettuare;
- i risultati attesi
La caratteristica fondamentale dell’esperimento è che deve essere ripetibile: in linea di principio chiunque segua i punti sopra elencati otterrà gli stessi risultati e potrà comprovare la proposizione.
Altra caratteristica fondamentale è la quantizzazione dei risultati affinché questi siano confrontabili quindi corroboranti o meno. Da qui il ruolo centrale degli strumenti di misura.
Abbiamo quindi un sistema (l’ambiente con l’opportuna predisposizione e tutti gli elementi necessari per i passi dell’esperimento) e un osservatore che interagisce con il sistema tramite gli strumenti di misura per valutare i risultati.
Basta questa “scienza in due righe” per non aver alcun dubbio che il Lavoro Interiore non abbia nulla a che fare con questo. Ma ne siamo proprio sicuri? Sembrerebbe che non ci sia appello. Se un Maestro afferma cose del tipo: “l’energia scorre”, “ognuno è un campo elettromagnetico interagente con gli altri” e possiamo continuare all’infinito fino a “sono un tutto con l’Uno” il metodo scientifico sopra esposto è applicabile? Quali esperimenti possiamo proporre? Come quantizzare i risultati? Per inciso, ricerche scientifiche “come comunemente intese” sono state fatte e stanno andando avanti, ma non è quello che ci interessa in questa sede.
Un assunto alla base di quanto descritto sopra (talmente basilare da essere spesso dimenticato) è che sistema e osservatore siano separati. Ed è su questo punto che la “scienza interiore” si differenzia dalla “scienza convenzionale”: nel Lavoro Interno sistema e osservatore coincidono e sono una stessa persona. Questo basta a molti per dire che non si tratta di scienza, punto di vista sicuramente valido, ma a questo punto si tratta solo di una mera questione di definizioni: se dare per scontato che sistema e osservatore siano separati e indipendenti o meno.

Proseguiamo considerando il secondo punto di vista. In questo caso incontriamo difficoltà con la ripetibilità dell’esperimento e con la quantizzazione dei risultati. Se il sistema è esterno all’osservatore un osservatore differente può condividerne gli strumenti di misura e concordare o meno sulla quantizzazione dei risultati. Inoltre affinché l’esperimento sia ripetibile il sistema deve essere riproducibile (copiabile almeno in linea di principio).
Nel Lavoro Interno il sistema è una persona quindi non copiabile. Inoltre anche gli strumenti di misura sono al suo interno quindi non condivisibili. Da qui nasce la difficoltà del processo di insegnamento/apprendimento. La difficoltà è duplice: da una parte come comunicare gli “esperimenti” (la via) che l’insegnante ha applicato con successo su se stesso e dall’altra (anche se questi fossero comunicabili in maniera “esatta”) il secondo sistema/osservatore sarebbe comunque differente dal primo quindi l’esatta applicazione di passi che ha portato certi risultati nel primo caso potrebbe portare a risultati diversi nel secondo. Per questo motivo il Lavoro Interno non può prescindere dall’essere anche Arte: la Scienza dell’Arte del Lavoro Interno.
Riassumendo:
il Lavoro Interno è Scienza per tutti gli aspetti espliciti che definiscono il “metodo scientifico” e si trasforma in Arte per quelli impliciti (separazione sistema/osservatore, ripetibilità, quantizzazione) che invece vengono negati o considerati da un diverso punto di vista.
Potremmo proseguire a lungo su questo tema, ma lo scopo di questo breve articolo è solo quello di dare qualche spunto di riflessione/meditazione. Su qualche aspetto (ad esempio: quali sono gli strumenti di misura del Lavoro Interno o la natura degli “esperimenti” interni) ci ripromettiamo di tornare in futuro.
Vedremo anche come il Taiji che qui viene proposto è un sistema organico, preciso, dove tutto ha un senso, con esercizi che sono dei veri e propri “esperimenti” spiegati nel dettaglio nei prerequisiti, nelle modalità di esecuzione, nel motivo per il quale si fanno, nei risultati attesi nel come si collocano all’interno del sistema. Questo è frutto del lavoro di generazioni di Maestri (e allievi) che nel tempo hanno raffinato il sistema provandolo su di sé per renderlo sempre più efficace fino a trasformarlo in quello che oggi sembra davvero una scienza. Ma non possiamo dimenticare che il Taiji è anche Arte per cui la difficoltà della trasmissione dell’insegnamento rimane e non può prescindere da una “intelligente” (nel senso più profondo) trasmissione fra insegnanti e allievi.
Concludendo:
per un reale apprendimento sono imprescindibili le seguenti condizioni:
- intelligenza per comprendere la Scienza del Taiji
- il cuore (nel senso cinese di “mente profonda”) per intuire l’Arte del Taiji
Oltre chiaramente (per quanto esposto sopra) ad un insegnante che abbia raggiunto un livello adeguato e un efficace impegno nel lavoro.
Tiziano Moretti
continua con “Credere solo a ciò che si vede?“